9 tecniche per coinvolgere. Corso pratico per presentazioni professionali.
Ecco un regalo per voi. Un corso pratico con video rapidi e testo di spiegazioni su come spiegare e presentare contenuti con tecniche espressive facili e coinvolgenti.
Carissime e carissimi,
questo numero della newsletter è speciale. Dall’ultimo video che ho pubblicato su YouTube ho creato qui per voi questo corso pratico ragionato sulle tecniche di espressività nel public speaking. Ma c'è di più: ho intenzione di aggiornare questa pagina nel tempo.
Per questo:
vi suggerisco di rimanere in contatto per sapere quando avrò aggiunto nuovi contenuti per aiutarvi a coinvolgere di più i vostri interlocutori;
vi vengono in mente altri strumenti espressivi che vorreste approfondire? Potete scriverlo nei commenti, così rendiamo migliore questa risorsa gratuita.
Tengo molto a questa tipologia di contenuti, anzi mi sembra importante che possiate condividerli con altre persone. Potete mandare loro il link a questo numero della newsletter.
Buon corso e un caro saluto!
Stefano
PS Questa newsletter diventa quindicinale ed è integrata con la mia newsletter su LinkedIn, ve la consiglio perché lì parlo di casi reali, la trovate qui.
9 tecniche espressive per comunicare in modo coinvolgente.
Alcune presentazioni professionali possono risultare noiose. Come realizzare, allora, una presentazione coinvolgente per il nostro pubblico? Ecco le prime 9 tecniche espressive.
È importante, però, liberarci dall'idea di voler essere efficaci a tutti i costi.
La nostra definizione di efficacia non dovrebbe limitarsi a impressionare gli altri o a costruire un'immagine che possa piacere agli altri. Questa mentalità è problematica poiché ci rende dipendenti dall'opinione altrui.
Dobbiamo concentrarci su ciò che noi stessi apprezziamo e rendere la presentazione gradevole a noi stessi per primi. Se troviamo valore - e piacere - in ciò che stiamo presentando e nel modo in cui lo facciamo, è probabile che il nostro entusiasmo si trasmetta al pubblico.
1. La tecnica delle pause
Immaginiamo Marco, un manager durante una riunione sul suo nuovo progetto. Si è preparato a dovere, tuttavia, mentre spiega, parla rapidamente, sovraccaricando il suo team con una quantità eccessiva di informazioni senza dare il tempo necessario per elaborare i concetti.
In questo modo il team finisce per sentirsi sopraffatto dalla mole di parole e ha difficoltà a collegare i punti. Senza le pause adeguate, il coinvolgimento attivo del team risulta compromesso così come la comprensione del progetto.
Diciamo la verità, quando l’ascolto risulta troppo faticoso, noi sganciamo la nostra attenzione e pensiamo a tutt'altro: è un comportamento naturale che ci permette di renderci la vita più semplice. Lo stesso potrebbero fare le persone del team di Marco.
Il team potrebbe allora non comprendere o fraintendere il progetto, portando a implementazioni sbagliate. Insomma, Marco non ha usato uno degli strumenti più potenti della comunicazione: la pausa.
Le pause rappresentano uno strumento fondamentale nella comunicazione. Per quale motivo?
È importante fornire i concetti in modo che le persone abbiano il tempo di collegarli tra loro, proprio come nel gioco dei puntini della settimana enigmistica:
chi parla ha il compito di fornire i puntini numerati;
chi ascolta deve poter avere il tempo di unire questi puntini: le pause servono proprio a facilitare questo processo. Per avere esempi pratici, vi consiglio la visione del video qui sotto.
Criticità
Quanto deve durare la pausa? Per piacere evitiamo la meccanica della comunicazione. Cominciate andando a sentimento tenendo presente due criteri fondamentali:
la pausa serve per aiutare la comprensione;
la pausa non è una sosta, quindi non deve durare troppo a lungo, e cioè non deve permettere a chi ascolta di iniziare a vagare per i propri pensieri.
2. La sospensione: creare suspense e attesa
Simile alla pausa, la sospensione consiste nello spezzare la frase, evitando di terminarla e creando suspense e attesa.
Questo significa parlare violando le regole della sintassi, separando cioè soggetto e predicato come ponessimo una virgola oppure separando articoli e preposizioni dai sostantivi che essi reggono. Per fare un esempio riutilizziamo l'ultima frase che ho scritto lanciando le sospensioni:
Questo significa [sospensione]
parlare violando le regole della sintassi, separando cioè [sospensione]
soggetto e predicato come ponessimo una virgola oppure separando articoli e preposizioni dai [sospensione]
sostantivi che essi reggono.
La frattura nella frase crea interesse e solleva nella mente dell'ascoltatore la domanda: "Che cosa vuoi dirci? Prosegui per piacere!"
Criticità delle sospensioni
Supponiamo che durante una presentazione aziendale, il manager - sempre il nostro Marco - decide di utilizzare sospensioni in modo eccessivo e prolungato, interrompendo costantemente il flusso del discorso. Di conseguenza, l'audience potrebbe percepire il discorso come noioso e disorganizzato, compromettendo la comprensione.
Per evitare questa situazione, è fondamentale utilizzare le sospensioni con moderazione e in modo strategico. Nell'esempio che ti ho riportato sopra ho forse ecceduto al solo scopo di mostrare che cosa possiamo fare con la sospensione.
Opportunità della sospensione
La sospensione può essere utile anche per riconnetterci con le persone che ci stanno ascoltando. Durante la sospensione possiamo infatti approfittarne per guardarle negli occhi in attesa di svelare loro il completamento della frase.
Questo ci permette anche di comprendere se e quanto i nostri interlocutori ci stanno realmente ascoltando. Oppure se dovremmo rallentare o rispiegare alcuni contenuti magari anche esemplificando.
3. La marcatura delle parole
Marcare significa porre in evidenza le parole. Perlopiù le parole chiave. In altri termini, se avessimo un testo scritto, potrebbe corrispondere al grassetto oppure al colore di un evidenziatore.
Possiamo fare la marcatura in parecchio modi, per esempio:
rafforzando il volume della voce
rallentando la velocità di eloquio
creando una leggera sospensione
ponendo una pausa dopo la parola chiave
ammiccando con lo sguardo
modificando la gestualità
cambiando la postura.
Quindi non solo si marcano le parole chiave, ma ci si prepara anche a farlo. È un po' come annunciare qualcosa di importante: attenzione, sta arrivando la parola chiave.
Criticità delle marcature
Tra i rischi che corriamo con un uso smodato della marcatura ne evidenzia due:
Una teatralità eccessiva. Immaginiamo Marco mentre usa la tecnica della marcatura in modo eccessivamente teatrale, aumentando il volume a livelli che risultano fastidiosi e rallentando il ritmo in modo innaturale. Questa eccessiva teatralità può distogliere l'attenzione dal contenuto del messaggio. La marcatura non dovrebbe distrarre con un'esibizione che sembra più adatta a un palcoscenico di teatrino di serie C che a una presentazione aziendale.
Una esagerazione dell'annuncio. Simile alla precedente, l'esagerazione consiste nella creazione di un'enorme aspettativa annunciando in modo eccessivo l'importanza della parola chiave successiva. Questo può portare a un divario tra le aspettative del pubblico e la realtà del messaggio. Se l'annuncio è fuori proporzione rispetto al contenuto reale, può causare delusione e ridurre la credibilità del comunicatore. Insomma, è un po’ come una miniatura clickbait su YouTube: promette ciò che il video in realtà non mantiene.
4. Le domande e l’attivazione
Le domande possono essere utili per due motivi
le sospensioni risvegliano l'attenzione del pubblico, attivandolo mentalmente nella ricerca di una risposta. Tuttavia, in questo caso, se non ho intenzione di aprire un vero e proprio dibattito, devo proseguire il discorso quanto prima: sarò io a dare la risposta argomentando (la tempistica ricorda quella della pausa, vedete sopra);
le sospensioni attivano anche chi parla: se ci poniamo domande ad alta voce sui nostri stessi contenuti, questo ci permette di fare mente locale e di orientarci nel discorso. In pratica, possiamo esplicitare le domande che ci arrivano in mente rendendole pubbliche.
La domanda può essere
semplice e diretta;
alternativa: ci si chiede se sia opportuna la possibilità A oppure la B.
Nel video sotto vi presento esempi pratici.
5. Le ipotesi che aprono la mente
Le ipotesi sono potenti, poiché risvegliano l'attenzione e permettono di costruire un'argomentazione più complessa.
Marco pone un'ipotesi al proprio team: «supponiamo che quest'anno non partecipiamo alla nostra consueta fiera di settore».
Mentre prima ci si chiedeva se partecipare o meno, ora, Marco paventa l'idea che sia stata già presa una qualche decisione.
Ogni ipotesi richiede una dimostrazione o un'argomentazione. Questo significa che ora ci daremo da fare per analizzare l'ipotesi: è evidente che ci stiamo preparando a un ragionamento più articolato.
Naturalmente, mi assumo l’onere dell’argomentazione. Vi ricordo che argomentare significa esporre argomenti e cioè sostegni al messaggio che voglio mandare. Definiamo questo messaggio la tesi. La tesi è una e una soltanto: qualunque altra idea che abbiamo intenzione di comunicare, allora, diventa un argomento a sostegno della tesi.
6. La variazione di intonazione
Che cosa vuol dire parlare in modo monocorde (o monotono)? Significa parlare come se di una chitarra suonassimo una sola corda: questo porterebbe a produrre una sola nota (monotonia) con il risultato di una piattezza espressiva.
Questo è un peccato perché anche noi, come una chitarra, siamo dotati di molte più cose di quelle che utilizziamo di abitudine. In realtà è ciò che si verifica sin troppo di frequente: per rendervene conto osservate le presentazioni cui dovete assistere e chiedetevi quante variazioni notate nell'espressività di chi parla. Parentesi: fortunatamente ci sono persone a cui piace coinvolgere i propri interlocutori e dunque suonano più corde e magari anche più melodie.
È opportuno allora lavorare su tutti i fattori espressivi che abbiamo a disposizione quando parliamo con le persone. Distinguiamo il volume della voce dal tono:
Il volume della voce è la quantità di suono che produciamo quando parliamo: quando urliamo produciamo molto più suono di quando parliamo sottovoce. Tanto è vero che quando urliamo siamo costretti a inspirare più frequentemente perché consumiamo più aria: quanto più il volume sarà forte tanta più aria mi sarà richiesta per produrre il suono. Il volume si distingue in forte (impropriamente definito alto) e piano (impropriamente definito basso).
Il tono di voce indica il grado di elevazione del suono: distinguiamo suoni alti o acuti e suoni bassi o gravi. La differenza è materiale, perché sentiamo vibrare di più i suoni alti o acuti prevalentemente nella zona del nostro cranio e i suoni gravi o bassi prevalentemente nel petto.
Se volete avere chiarezza di queste sensazioni, vi consiglio l'esercizio che vi aiuto a fare nel video qui sotto.
7. La velocità dell’eloquio
Molte persone parlano troppo velocemente, con due rischi principali: perdere parole e rendere l'ascolto faticoso.
Dobbiamo allora parlare sempre lentamente per garantire chiarezza? No, anche in questo caso vale ciò che abbiamo detto per il tono: è importante la variazione.
È fondamentale allora variare la velocità dell'eloquio e a seconda di ciò che vogliamo dire e di che cosa vogliamo porre maggiormente in evidenza: possiamo - dobbiamo - scegliere se parlare più o meno velocemente a seconda delle intenzioni.
Non confondiamo pause e velocità:
la pausa è un momento vuoto, una breve fermata,
la velocità riguarda l’eloquio delle frasi: indica quante parole diciamo in un intervallo di tempo.
A proposito di questo il nostro amico manager Marco talvolta si scervella chiedendosi quante parole dovremmo dire al minuto per risultare interessanti e coinvolgenti. C'è persino chi si permetterebbe di rispondergli con precisi valori, succedono anche queste cose al mondo!
Si tratta naturalmente di un falso problema, e suppongo che stiate già pensando il perché: torna il tema della variazione. Ciò che conta, infatti, non è mantenere una certa costante velocità dell'eloquio, ma, ancora una volta, variare anche questo fattore espressivo.
Ecco alcuni esempi - fra i tantissimi - di come potremmo gestire le velocità:
Possiamo parlare più velocemente per replicare contenuti che avevamo già precedentemente spiegato, una sorta di riepilogo, giusto per ricordarne l’esistenza.
Possiamo parlare più lentamente quando vogliamo creare attesa o suspense.
Possiamo parlare velocemente quando esponiamo un elenco di contenuti di cui non ci interessa far comprendere ogni singolo oggetto perché preferiamo dare un senso generale.
Possiamo parlare più lentamente quando sappiamo che stiamo spiegando un concetto chiave oppure un concetto particolarmente complesso.
Possiamo parlare più velocemente quando vogliamo esplicitamente dare il senso di una certa fretta o urgenza.
8. La riflessione pubblica: maggiore naturalezza
Che cosa significa riflettere pubblicamente? Significa esprimere ad alta voce le proprie considerazioni su ciò che si sta facendo o dicendo.
Il nostro buon Marco, per esempio, potrebbe condividere ad alta voce un suo reale intimo dubbio: «sarà davvero il caso di ripensare la gestione delle nostre attività fieristiche?» Naturalmente deve essere un reale intimo dubbio di Marco.
La riflessione, infatti, non serve solo per stimolare chi ascolta, ma per dimostrare che chi parla sta realmente riflettendo sulle informazioni mentre le condivide. È chiaro che qui il principio corrisponde al medesimo della domanda ad alta voce; la differenza consiste nel fatto che operiamo una riflessione più personale e, lo ripetiamo, più intima. Perché è importante?
Perché quando una persona mostra di riflettere, crea un legame umano unico con il proprio pubblico e le persone con cui interagisce.
Supponiamo che Marco stia presentando per la terza o decima volta lo stesso argomento a platee sempre diverse: in ogni occasione, ogni persona dovrebbe percepire le riflessioni di Marco come poste lì per lì per loro, come fosse la prima volta. La riflessione ad alta voce, poiché consiste nella condivisione pubblica di pensieri più personali, è una tecnica che permette questa percezione da parte di chi ci ascolta.
Criticità delle riflessioni pubbliche
Obiettivi chiari di un intervento. È importante evitare di affidarci solo ed esclusivamente a riflessione ad alta voce. In questo caso infatti distinguiamo fra presentazione e interazione esplorativa. Ad esempio, durante una riunione di team con il fine reale della ricerca di nuovi contenuti oppure di un confronto su idee e opinioni per cercare di capirci di più, non sembra indispensabile preparare i contenuti, ma può risultare più utile indagare davvero e perciò riflettere pubblicamente lì per lì (ma bisogna essere sinceri).
Naturalezza e autenticità. Immaginate un intero team di imprenditori che cercano di riflettere pubblicamente in modo forzato o finto. È come se tutti indossassero maschere! Chi ascolta potrebbe percepire una mancanza di autenticità sentendosi distante da chi parla e percependo persino falso il contenuto stesso, a dispetto anche delle più buone intenzioni. Al nostro Marco questo non accadrebbe, perché ormai è esperto delle tecniche espressive coinvolgenti.
In definitiva, durante una presentazione strutturata, la riflessione pubblica è una vera e propria tecnica espressiva da utilizzarsi, come sempre, con la dovuta parsimonia.
9. La meta comunicazione
Si riferisce alla comunicazione che tratta della nostra stessa comunicazione. In pratica, durante un intervento, si spiega ciò che si sta facendo e a che punto si è.
La metacomunicazione consiste nell'analizzare il proprio discorso e mostrarne la struttura. Così facendo, condividiamo la mappa del percorso intrapreso insieme, magari esplicitando anche a che punto siamo rispetto al traguardo.
Nel video, ad esempio, potete trovare vari momenti in cui vi ho aggiornato sullo stato dell'intervento e su ciò che verrà dopo.
Puntiamo all'efficienza.
Queste tecniche sono efficaci concretamente, perciò le metto in pratica con i clienti e le persone che seguo in formazione e consulenza.
Se è vero che sono molto potenti, dobbiamo evitare il rischio di utilizzarle in modo artificioso e forzato solo perché abbiamo capito che sono oggettivamente utili: questo non sarebbe efficiente. Ma cosa significa?
Per migliorare la nostra comunicazione, è essenziale integrare le tecniche e gli strumenti espressivi e retorici nel modo più naturale possibile.
Se un'attività ci viene spontanea, significa che richiede un basso sforzo energetico, in altre parole, ci costa meno fatica. Questo dovrebbe essere il nostro obiettivo principale: comunicare con facilità e massima leggerezza, godendo del piacere della comunicazione.
Come ridurre allora il consumo energetico durante la nostra comunicazione e interazione con le persone?
È necessario utilizzare queste tecniche allenandoci ogni giorno, in qualunque occasione.
Incontriamo un cliente? Sperimentiamo una di queste tecniche.
Domani avremo una riunione in team? Proveremo un'altra tecnica.
Esercitiamoci regolarmente imparando a darci feedback utili e realistici. Dovremmo aver interiorizzato la tecnica stessa, in modo che diventi parte di noi: ciò implica che l'abbiamo resa più efficiente dal punto di vista energetico. Quando ci troveremo a presentare in un contesto ufficiale, potremo allora utilizzare queste e altre tecniche in modo naturale.
Le persone in ascolto o in dialogo con noi potranno così percepire la nostra naturalezza nell'utilizzo di queste tecniche e non noterà nemmeno il loro impiego.
E adesso…
Se vi interessa approfondire queste tematiche, potete seguirmi anche su YouTube, su LinkedIn o su Telegram.
Oppure potete contattarmi per sapere come posso aiutarvi con la consulenza privata.